VICENTINI MAGNAGATI?

Ne avevamo sentito parlare

e, curiosi, siamo venuti a visitare

questa città così carina,

dalla fama poco felina.

Volete la verità?

Mangiano solo il Baccalà!

 

(Immagine da Facebook)

Il documento più antico che abbina i gatti ai vicentini risale al 1535. E Teofilo Folengo sempre nel ‘500 riferisce che la città era plena gatellis.

Se, però, i Vicentini siano diventati “magnagati” in quel periodo non è certo. Di fatto così sono definiti nel celebre proverbio riportato nella "Raccolta di proverbi veneti", libro pubblicato a Venezia nel 1879: «Veneziani gran signori; Padovani gran dotori; Vicentini magna gati; Veronesi tutti mati; Udinesi, castellani, col cognome de furlani; Trevisani pan e tripe; Rovigoti, baco e pipe; i Cremaschi, fa cogioni; i Bressan, tagiacantoni; ghe n'è anca de più tristi: bergamaschi brusacristi; e Belun? Poreo Belun, te sé proprio de nisun».

 

Il dettaglio del bergamasco brusacristi farebbe pensare ad un episodio successo nel 1444 e riporterebbe la tradizione del “magnagato” ancora più indietro nel tempo.

L’osservazione che sorge spontanea è , comunque, che la diceria è nata durante la dominazione veneziana e renderebbe più plausibile l’origine fonetica sostenuta nel 2006 dal Garon, ma conosciuta già dall'Ottocento . Nelle “parlate locali, quando per dire la frase "hai mangiato" in dialetto veneziano si pronunciava "ti ga magnà", in padovano "gheto magnà", mentre nel dialetto antico vicentino si affermava "gatu magnà". Questa pronuncia - sottolineaGaron - diede probabilmente origine al soprannome di "magnagatu" o "magnagati" dato in senso spregiativo dai rivali veneti ai vicentini. Che i veneziani poi avessero il gusto di affibbiare soprannomi con la desinenza "magna" è noto: indicavano come "magnagiasso" certi pescatori, davano dei "magnamaroni" ai ruffiani, dei "magnacarta" agli scribacchini, dei "magnamocoli" alle persone bigotte, e dei "magnamerda" a un qualsiasi individuo genericamente oggetto di disprezzo».

 

 

Se a ciò si aggiunge il fatto che si racconta che durante un periodo di pestilenza (1698?) Venezia abbia dovuto mandare dei gatti a Vicenza per debellare i topi (unica città in cui, pare, i felini erano scarsi), ecco che il proverbio popolare è fatto…

Un libro di Antonio di Lorenzo Perché ci chiamano Vicentini Magnagati. E le mille vite del gatto, TerraFerma Edizioni, ripercorre la storia del detto vicentino e mi piace riportare una frase tratta dall’introduzione:

 

“Alla fine mi sono reso conto che questo simpatico micio attraversa, anzi rispecchia, la vita di Vicenza, la racconta, la vive. Sempre silenzioso e felpato, sornione ma attento, pronto a scattare per cogliere l'opportunità. Scusate, ma non è forse questo il carattere dei vicentini?”

 

 


 

«Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all'uomo:

attraversare la vita senza fare rumore».

Ernest Hemingway

(Immagine: Hemingway e la sua quarta moglie Mary Welsh. Courtesy JFK Presidential Library, Boston, MA USA)